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L'u

HIKIKOMORI

 

di Stefano Frigieri

 

 

L'uomo protagonista di questo racconto era affetto fin da bambino da una forma di fobia sociale. Perfino alle scuole elementari non riusciva a rispondere ai tentativi di approccio dei suoi compagni. Con l'adolescenza le cose non migliorano. Dopo qualche vano tentativo, i suoi coetanei finirono per disinteressarsi a lui. Dal canto suo preferiva il loro disinteresse alla tensione emotiva che gli provocava il doversi confrontare con gli altri. Dopo la morte prematura del padre riuscì a coinvolgere anche la madre nella sua asocialità. La donna usciva unicamente per fare la spesa o per sbrigare qualche pratica burocratica. Finite le scuole superiori ruppe definitivamente i rapporti con il mondo esterno. Lui e la madre non avevano problemi economici grazie a una cospicua rendita lasciatagli dal padre.

Passava il suo tempo leggendo libri e fumetti, giocando alla Playstation e navigando su internet. Fu grazie a quest'ultimo che apprese di non essere il solo ad adottare quel tipo di comportamento. In Giappone erano ormai così tanti i ragazzi come lui che era stato coniato un termine apposito per definirli: Hikikomori, che significava stare in disparte. Poichè era ghiotto di pizza, un giorno iniziò a recapitargliele una sua coetanea silenziosa e dallo sguardo sfuggente proprio come il suo. Se ne innamorò immediatamente e gli assegnò anche un nome: Agnese. Dopo qualche timido approccio al suo tentativo di contatto fisico, la ragazza non si presentò più. Ebbe altre due "storie d'amore". La prima con la telefonista di un call – center e la seconda con un "elfa", l'avatar di qualcuno del quale non seppe mai né il sesso, né l'età, che aveva incontrato in un gioco fantasy online. Poi improvvisamente, la madre si ammalò. E la sua fobia si tramutò in PAZZIA.....

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